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GLOSSARIO

 

A B C

 

 

 

iconografia

 

 

 

abecedario, carme

Componimento i cui versi o strofe iniziano progressivamente con una lettera diversa in modo che il tutto componga l’intiero alfabeto. La progressione può interessare i singoli vocaboli di un componimento.

I modelli più antichi sono biblici, ad es. le “Lamentazioni” di Geremia. Il più antico documento cristiano è lo “Psalmus contra partem Donati” di S. Agostino, nel quale la scelta abecedaria è stata dettata da ragioni mnemotecniche in favore del popolo semplice. Altri esempi nel Folengo (saffica della “Zanitonella”). Esempi odierni in Cacciatore e altri. È detto pure carme alfabetico.

Figure 1,2,3

 

 

acrostico

(principio di verso)

Si ha quando in una composizione verbale si fa nascere un senso linguistico secondario. La posizione degli elementi che designano l’acrostico può essere quella iniziale del verso (acrostofo), o quella finale (telestico), o una mediana (mesostico). Una quarta posizione è il notarico ove il senso secondo nasce progressivamente lungo il percorso lineare orizzontale del primo messaggio. L’acrotofo, il mesostico e il telestico tagliano il testo del primo messaggio in verticale, il notarico in orizzontale. L’elemento che designa l’acrostico può essere il fonema, la sillaba, la parola. L’acrostico è il rovescio della rima e il suo contrappeso. Dev’essere rialzato dal tratteggio con maiuscole, colori, ecc. È figura antichissima, già presente nella letteratura babilonese.

 

 

adynaton

(impotente, incapace)

Figura retorica avente lo scopo di esaltare un evento o una persona paragonandolo a qualcosa di indicibile, ovvero dichiarando l’impossibilità di trovare le giuste parole. Es.: “La parola mi manca”.

 

 

AEIOU,  o carme vocalico

Se alla posizione iniziale del fonema viene abbinato un criterio selettivo specifico, possono nascere quattro figure:

·         Se la selezione privilegia tutta la serie delle lettere, abbiamo il carme abecedario

·         Se combina tutta la serie nella proiezione lineare della lingua, abbiamo i versi pangrammatici.

·         Se sceglie solo la serie delle vocali, abbiamo la figura AEIOU. I fonemi iniziali possono essere collegati fra di loro in modo da formare un senso secondo una volta levato il corpo linguistico intermedio, e abbiamo il notarico.

·         Quando poi si tralascia intenzionalmente un fonema da un testo, abbiamo il lipogramma che è una figura in negativo.

Lodovico Leporeo gioca sistematicamente sulle serie vocaliche. Il sonetto : “Amata m’ardi” è alfabetico trisono (tre rime ogni verso), trasponibile (ogni verso può essere spostato), irripetito (tutte le rime sono assonanti), anaforico (tutti i quattrodici versi iniziano con la stessa parola).

Figura 4

 

 

aferesi

(sottrazione)

Termine grammaticale che indica la caduta o la soppressione di una sillaba o di una lettera in principio di parola. Può essere un fenomeno di evoluzione popolare della lingua: es. l’italiano ‘storia’ rispetto al latino ‘historia’ o può essere una licenza poetica.

 

 

aforisma

(definizione, sentenza)

Di Dante: “l’aiuola che ci fa tanto feroci”, di Karl Kraus: “una delle malattie più diffuse è la diagnosi”.

 

 

alfabetico, carme

vedi: abecedario, carme

 

 

 

allegoria

(discorso di un altro)

Figura retorica di pensiero. Consiste in un discorso compiuto, fatto di simboli o immagini, con il quale, attraverso il senso letterale delle parole, si intende esprimere un contenuto diverso e riposto, perlopiù di carattere astratto e ideale. È perciò detta anche ‘metafora continuata’ perché si prolunga per tutto il corso dell’azione descritta.

Ad esempio, nella Divina Commedia Dante racconta di un viaggio immaginario nel modo del’aldilà che significa allegoricamente l’itinerario di un’anima verso la salvezza cristiana.

 

 

allitterazione

(ripetizione di suoni)

Consiste nel ripetere, nella frase o nella strofa, le stesse lettere nella medesima posizione (perlopiù iniziale) in parole diverse, e spesso per ottenere un’armonia imitativa. Esempi: “Esta selva selvaggia e aspra e forte” – “Tin tin sonando con sì dolce nota” (Dante).

Allitterazione intensificata ovvero con più rilevante effetto fonico: “o Tite tute Tati tibi tanta turanne tulisti” (Ennio); “veni vidi vici” (Cesare); “florum flos florens, florea flora fluens” (Venanzio Fortunato).

 

 

allitterazione per l’occhio

Procedimento che taglia i vocaboli nella parte terminale dei versi, una specie di tmesi con giochi di rima tratti dal loro corpo così mutilato. Es.: “Coralment’ò me stesso” (di Monte Andrea, Rime, 265).

Figura 5

 

 

anacicli, versi, o  palindromii

(letti a ritroso)

Parola, frase, verso che possono essere letti all’indietro: “recai piacer” (Boito). L’esempio più antico è di Sidonio Apollinare: “Roma tibi subito notibus ibit amor”. Per estensione si dice palindromo anche la combinazione linguistica che può essere letta all’indietro, vocabolo dopo vocabolo fermo restando lo stesso senso o al più risultando negato ciò che prima vi era affermato. È detto pure “sotadico” e analoghi sono i “versi ricorrenti”. Es.: “Fortezza e senno Amor dona non tolge / Tolge, non dona Amor senno e fortezza”; oppure: “Giova, non noce al ben, non al mal chiama / Chiama al mal, non al ben, noce, non giova” (L. Groto, Rime, 1557).

Figura 6 e 104

 

 

anacoluto

(sconnesso)

Figura di sintassi usata nel linguaggio parlato o da un autore quando voglia raggiungere particolari effetti. Si tratta di una infrazione alle norme della sintassi, in quanto consiste nel cominciare il periodo con un costrutto e proseguirlo con un altro, cambiando spesso soggetto. Es.: “Non sapete che i soldati è il loro mestiere di prender fortezze” (Manzoni).

 

 

anadiplosi

(duplicazione)

Ripetizione del vocabolo finale del verso all’inizio del verso seguente. Vedi carme ecoico/versi ecoici.

 

anafora

(ripetizione)

Figura retorica che consiste nel ripetere più volte nello stesso periodo lo stesso vocabolo o membro iniziale di una proposizione. Es.: “Per me si va nella città dolente,/Per me si va nell’eterno dolore,/Per me si va tra la perduta gente” (Dante).

 

 

anagramma

(trasposizione di lettere)

È una permutazione e consiste nel trasferire i fonemi di un vocabolo o di una formazione linguistica maggiore in modo da ottenere un’altra o molte altre espressioni fornite di senso diverso (roma-amor-ramo-armo-mora). La formazione di base si dice programma. L’anagramma comporta uno slittamento di significati dall’uno all’altro significante. La trasposizione dei fonemi implica un effetto cinetico, accentuato dal fatto che nella ricerca delle diverse permutazioni, l’occhio corre avanti e indietro. Nel III a.C. Licofrone anagrammò il nome del re Ptolemaios in “apo melitos” (miele). L’anagramma è uno degli artifici più diffusi, dalla cabala al ‘400 umanistico, nella Francia di Ronsard e sino alla fine del ‘600. L’anagramma decompone uno schema acquisito, componendo formazioni linguistiche nuove. Nell’epoca barocca si teorizzarono i due motivi che sono alla base della figura, la metamorfosi e la mescolanza delle lettere, la metamorfosi come alchimia della parola. Nell’anagramma siamo in presenza di due entità testuali separate, l’una fissa, il proramma, l’altra mobile.

 

 

anamorfosi verbale

Figura che compare se la lettura retrorsa è accompagnata da una trascrizione che rovesci la forma delle lettere, che poi riappaiono recte se lette allo specchio.

Figure 7 e 8

 

 

anapoetica, scrittura

Proposta da Oberto Martino, una scrittura manuale senza regole fisse, totalmente libera. Ogni intervento scritto di Oberto è deviazione e rimane sempre allo stato di progetto: “je ne suis pas encore” è il titolo di un suo esemplare lavoro.

 

 

anaptissi

(inserzione)

Figura metrica: è l’inserzione di una vocale fra due consonanti, così da formare una sillaba in più, di solito per facilitazione di pronuncia nell’uso dialettale o trascurato. È una epèntesi vocalica. Es.: “averebbe” per avrebbe.

 

 

anarema

(spostamento)

Consiste nella possibilità di trasferire i vocaboli entro una certa aformazione linguistica senza che muti il senso e senza che lo schema prosodico cambi, se si tratta di versi. Equivale all’anagramma nel meccanismo permutazionale, ma permuta i vocaboli anziché i fonemi, ed è il suo contrario sul piano dei significati in quanto questi rimangono immutati nonostante le permutazioni. Es. l’anarema del gesuita fiammingo Bernardo Bauhus (da  “Epigrammatum libri” 1615): “Tot tibi sunt dotes, Virgo, quot sidera coelo” si presta a 1022 variazioni, quante erano le stelle fisse conosciute nel 1600, ciò che darà luogo a dotte dispute di matematici.

Figura 9

 

 

anastrofe

(inversione)

Figura grammaticale che consiste nell’invertire l’ordine naturale di due o più vocaboli in una proposizione. Es.: (del Tasso) “O belle agli occhi miei tende latine”. Oppure: “eccezion fatta”, “vita natural durante”.

 

 

anfibologie, frasi

(ambiguità)

Frasi ambigue tali da potersi intendere, per errata collocazione delle parole, in due modi diversi. Es.: (Petrarca) “Vincitore Alessandro, l’ira vinse”. Alessandro vinse l’ira o l’ira vinse Alessandro?

Molti responsi delle Sibille erano congegnati come anfibologie.

 

 

antifrasi

(al contrario)

Figura retorica consistente nell’usare una parola o una locuzione nel senso contrario a quello proprio, per eufemismo o per ironia. Es.: “che bella figura abbiamo fatto!”.

 

 

antimetabole

Figura retorica per cui si ripetono, mutandone l’ordine, le parole di una proposizione enunciata. Es.: “Ut sine invidia culpa plectatur, et sine culpa invidia ponatur” (Cicerone).

 

 

antitesi

(contrasto, contrapposizione)

Figura retorica consistente nel porre a contrasto due concetti opposti, per dare maggior risalto all’espressione. Es.: “Pace non trovo e non ho da far guerra;/E temo e spero ed ardo e sono un ghiaccio;/E volo sopra il cielo e giaccio in terra;/E nulla stringo e tutto il mondo abbraccio”. (Petrarca).

 

antonomàsia

(porre l’epiteto invece del nome)

Figura retorica di contenuto consistente nell’indicare un personaggio famoso con un nome comune, preceduto dall’articolo, invece che col nome proprio. Si indica la persona con un appellativo che allude alla sua virtù principale: “il poverello di Assisi” (San Francesco); “il cantor di Laura” (Petrarca); “il Pelide” (Achille). Oppure al contrario per designare un nome comune di persona o di cosa, si può usare un nome proprio che simboleggi una certa qualità: “un cicerone” (un oratore); “un mecenate” (un protettore di artisti); “una venere” (una bella donna).

 

apòcope

(recisione)

Figura metrica che indica la caduta di uno o più suoni finali di una parola. Comprende sia l’elisione che il troncamento.

“Elisione”, soppressione dell’ultima vocale d’una parola in modo che le lettere rimanenti in fine parola formino sillaba unendosi con l’iniziale della parola seguente, allo scopo di offrire all’orecchio un suono più armonioso: “l’eterno”, “l’amica”, “l’amore”.

“Troncamento”, eliminazione della sillaba o della vocale finale atona di una parola dinanzi ad un’altra che cominci per vocale o consonante. Es.: “signor presidente”, “saper vedere” “mal di mare”.

 

apoftegma

(sentenza)

Detto memorabile o motto breve e arguto. Es.: “quot capita, tot sententiae”; “dal detto al fatto c’è un gran tratto”.

 

apostrofe

(deviazione)

Figura retorica di pensiero che consiste nell’abbandonare improvvisamente la forma espositiva del discorso, rivolgendosi direttamente e con enfasi a persona o cosa personificata, anche lontana e immaginata come presente. Es.: “Ahi, serva Italia, di dolore ostello” (Dante).

 

applicati, versi

vedi: rapportatio

 

 

armonia imitativa

Onomatopea amplificata; mentre l’onomatopea semplice consiste in unica parola, l’onomatopea amplificata si ha di solito con un’intera frase o strofa poetica. È determinata dall’uso intensivo di vocaboli che per la loro veste fonica rara e curiosa producono, riuniti in massa, effetti sonori particolari. Es.: (dal Poliziano) “Ogni varco da lacci e can chiuso era;/di stormir, d’abbaiar cresce il rumore;/di fischi e bussi tutto il bosco suona,/del rimbombar de’ corni il ciel rintrona”; (di I. H. Alstedius, Encyclopaedia…, 1630). “Lex, rex, grex, res, spes, ius, thus, sal, sol, (bona) lux, laus; Mars, mors, sors, fraus, fex, styx, nox, crux, pus (mala) vis, lis”. (cose buone: legge, re, gregge, cose, speranza, diritto, incenso, sale, sole, luce, lode. Cose cattive: Marte, morte, sorte, frode, feci, stige, notte,croce, marciume, forza, lite).

Figura 10

 

 

asìndeto

(non collegato)

Figura grammaticale che si ha quando vari elementi (parole o proposizioni) sono coordinati senza alcuna congiunzione ma per mezzo di virgole. Assai comune è l’omissione della congiunzione, specie nelle enumerazioni. Il contrario dell’a. è il polisìndeto. Es.: “Sul campo di battaglia si vedevano cadaveri rottami automezzi fuochi”

 

 

audiopoème

Così titola Henri Chopin la  propria poesia sonora, costituita dalla fitta sovrapposizione dei rumori del corpo, soprattutto di quelli della bocca. Ne risulta una densa pasta sonora.

 

 

bisticcio

(assonanza)

Giuoco di parole prodotto da più voci simili nel suono. Es.: “Ulisse, o lasso”; “O dolce amore, io moro”. Vedi: allitterazione.

 

 

burchiellesco

(linguaggio)

Da ‘burchia’, barchetta. Stile del Burchiello, Domenico di Giovanni, poeta giocoso del quattrocento, che aveva l’insegna della burchia sulla sua bottega di barbiere. Poetare alla burchia, cioè comporre sonetti in cui le parole e le immagini si susseguono senza nesso apparente.

Al di là del giuoco, dell’assurdo e del gratuito, è una poesia che cerca nuove via nella più ampia libertà linguistica; una poesia popolare, ma imitata da uomini di cultura come Leon Battista Alberti. Costituisce pure un precedente della tradizione antiletteraria di Francesco Berni.

Figura 11

 

 

calligramma

Termine coniato da Apollinaire per designare i suoi testi figurati ove i contorni di un disegno sono rappresentati anziché dal tratteggio, da una linea di testo scritto. Secondo Giovanni Pozzi il calligramma deriva dalla trasformazione dei versus intexti, costituiti da acrostici che attraversano il testo soggiacente, riproducendo una figura. Togliendo il testo portante, i versus intexti poggiano sul vuoto della pagina. Nell’epoca barocca invalse l’uso di piegare le linee formate dalle parole in curve. Il primo calligramma potrebbe essere la “Piramide” di Eugenio Vulgare (950 d.C.)

Figure 12, 13, 14

 

 

cancellati o intessuti, versi

vedi: versus intexti

 

 

cancrini, versi

L’artificio consiste nella lettura retrorsa vocabolo per vocabolo. Se i versi sono eterometrici, la lettura retrorsa deve permettere una rettificazione prosodica. In un distico di Sidonio Apollinare (430-479 d.C.) il pentametro si converte in esametro e viceversa; così pure nella composizione XXVIII del “Panegirico all’imperatore Costantino” di Porfirio.    

                                                            Figure 15 e 16

 

 

chiasmo

(a forma di x)

Figura retorica consistente nel presentare due o più parole nell’ordine inverso a quello in cui sono state precedentemente esposte: una collocazione a forma di croce di due concetti fra di loro collegati. Es.: ”tutti per uno, uno per tutti”; “odi greggi belar, muggir armenti.

 

 

cifre eroiche

Combinazione di acrostico e anagramma cifrato di un certo nome. Esempio (da G. Caramuel, “Theologia rationalis, 1654):

                                                                  Calor            calore

                                                                  Humectus    umidità

                                           CHAOS          Algor           freddo               

                                                                  Olympus     Olimpo

                                                                  Siccitas         siccità

 

 

cinetica reale, poesia

vedi: simultaneismo e orfica, poesia

 

 

cinetica virtuale, poesia

In poesia visuale può aversi un cinetismo reale o virtuale. Se reale, il movimento trasforma, deforma un testo i cui elementi linguistici sono sottoposti a variazioni continue, ad es. permutazionali. Tali varianti possono dipendere da tecniche meccaniche o elettroniche o da altre cause, ad es. variazioni luminose su di una superficie scritta o film che proietti variazioni testuali in continuità.

Diverso il caso della poesia cinetica virtuale, ove ciò che si legge è disposto in modo da indurre una perturbazione ottica nel lettore. Ad es., in “e” di Tim Ulrichs il testo pare muoversi per via del differente orientamento delle lettere, oppure nel cubo (v.), artificio che risale agli Egizi. In “bright” di E. E. Cummings (1935) l’intermittenza dello splendore stellare viene data dall’appena percettibile oscillare delle lettere alfabetiche: briIllante/bRillante s????? grande/ (soffice) // soffice prossima quieta/ (Brillante)/ quieta st???? santa// (soffice brillAnte profonda)/ sI’ prossima ste??? Quieta stella grande Sì/ solinga/(coLui// Sì/ prossima profonda coLui grande solinga soffice prossima/profonda quieta profonda/ ???????Te ????????E/ Colui (santa solinga) santa (solinga santa) solinga.

Figure 17- 17 bis

 

 

cinetico, romanzo

Nel 1961 Raymond Queneau pubblica “Cent mille milliards de poèmes” (Gallimard), libroggetto a impaginazione libera ove da un testo base si possono ricavare, permutandone gli elementi, centomila miliardi di poesie. Il calcolo permutazionale era già stato applicato come sistema di scampanìo a più campane nel 1600 in Inghilterra: ad es. nel 1761, 40.320 permutazioni per la durata di 27 ore furono eseguite a Leeds, nel Kent. Nel 1962 Marc Saporta pubblica il romanzo a pagine sciolte “Composition n. 1” (Editions du Seuil) ove il lettore è libero di leggere il testo disponendone come crede l’ordine delle pagine.

Figura 18

 

 

cinetismo virtuale

Nel 1913 Blaise Cendrars pubblica “La prose du Transsibérien et de la petite Jehanne de France”, poema che inaugura una forma di simultaneità virtuale in quanto è costituito da un originale montaggio, tecnica mutuata dal cinema, di situazioni liriche tra loro temporalmente sconnesse creando nel lettore una costante tensione di spaesamento temporale. A pochi mesi dalla prima edizione, Cendrars e la pittrice Sonia Delaunay ne fecero un’altra dove parola e pittura si sposano in un inedito poema-oggetto.

Nei “Calligrammes” (1918) Apollinaire attua un esperimento analogo coi “Poèmes conversation”, giustapposizione di frammenti di dialogo tendente a riprodurre le molteplici sfaccettature del reale (influenza cubista) e le immagini in libertà (influenza futurista) a ritmo accelerato.

Altra forma di simultaneità virtuale è la “open composition” o “composition by field” di Pound e Eliot (v.).

Figura 19

 

 

collage

La tecnica del collage in poesia, mutuata dalla pittura cubista-futurista, accompagna la nascita e lo sviluppo delle avanguardie letterarie. Essa è al contempo supportata dalla tecnica del montaggio delle giustapposizioni, inaugurata da Blaise Cendrars (v. simultaneismo virtuale) con l’accostamento di frasi fra loro non congruenti, e pure nella  poesia “latente” (v.) di Tzara e anche dallo stile di ‘composition by field’ di Pound e di Eliot. In sostanza si tratta di una moderna forma di metafora.

 

 

colonne parallele

Elenchi di sostantivi o verbi o aggettivi in forma di colonne parallele che sono presenti nel libro 3 cap. XXXVIII o nel libro 4 cap. LXIV del Gargantua di Rabelais.

Figura 20

 

 

comparazione

Vedi: similitudine

 

 

concordanti, versi

L’artificio consiste nel confrontare parole che hanno una parte iniziale diversa ed una finale comune, o viceversa. Di solito le due espressioni parallele vengono scritte su tre  linee, di cui quella di mezzo dà l’elemento comune.

Figura 21

 

 

concreta, poesia

Preceduta dalla poesia visuale di Carlo Belloli (v.) e ancor prima dal “poema preciso” di Marinetti (v.), la poesia concreta nasce con la pubblicazione, nel 1953, di “Konstellationen” dello svizzero Eugen Gomringer. Elemento determinante è l’uso dello spazio grafico della pagina non più come mero supporto, ma quale elemento strutturale del poema ed è evidente in ciò la lezione del “Coup de dés” di Mallarmè, oltre che delle avanguardie storiche, futurismo e dada soprattutto. In “Silencio” (Konstellationen) una sola parola crea il poema e lo spazio vuoto al centro acquista il valore semantico dell’assenza.

Nel concretismo la forma equivale al contenuto e i materiali sono il suono, la forma tipografica e il grado semantico della parola; la sua situazione, al contempo semantica, sonora, e visuale. Un altro aspetto della poesia concreta è l’estrema concisione nell’uso degli elementi lessicali, ciò che facilita la comprensione anche per chi appartiene ad altre aree linguistiche. Nel 1954 il gruppo Noigandres di S. Paolo del Brasile (Haroldo e Augusto de Campos, Décio Pignatari) giunse a posizioni stilistiche vicine a quelle di Gomringer. Nel 1955 Pignatari incontra Gomringer in Germania e, constatata l’affinità tra le rispettive pratiche poetiche, si decise da parte di entrambi la fondazione del movimento internazionale della poesia concreta. In breve nacquero altri centri: dal 1957 al ’59 il “Darmstadt Circle” che pubblicò la rivista “Material” e la prima antologia internazionale di p. c.; dal 1961 a Stoccarda il filosofo Max Bense pubblicava la serie dei quaderni “rot” e Mayer la serie su grande formato “futura”. Bense definisce lo stile concreto come uso funzionale e non simbolico del materiale lessicale; il senso è deciso dalla disposizione della parola sulla superficie della pagina. In Austria il Wiener Gruppe compone ideogrammi fonovisuali e attua una forma di cabaret d’avanguardia ed Ernst Jandl gli “Sprechgedichte” (poemi da recitare), ove la poesia concreta si accosta alla poesia sonora; in Cecoslovacchia il duo Bohumila Grögerova e Josef Hirsal compongono dal 1962 il libro “jobboj”, (Lotta di Giobbe, pubblicato nel 1967), straordinario laboratorio di trovate linguistiche, e sempre in Cecoslovacchia Ladislaw Novak e il poeta-pittore Jirí Kolár inventano nuove soluzioni usando prevalentemente il collage. In Francia Ilse e Pierre Garnier pubblicano dal 1963 la rivista “Les Lettres” che diventa una esauriente rassegna del concretismo internazionale e propongono la “Poésie Mécanique” composta con la macchina da scrivere (v.). In Giappone Kitasono Katuè fa della rivista “Vou” un foglio del concretismo e Seiiki Niikuni compone in forma di ideogramma terse strutture concrete. Il fiammingo Paul de Vree apre la rivista “De Tafel Ronde” al concretismo. In Scozia Ian Hamilton Finlay pubblica le edizioni della Wild Hawtorn Press e la rivista “Poor.Old.Tired.Horse”. Negli USA Emmett Williams pubblica nel 1967 “An Anthology of Concrete Poetry” (Something Else Press, New York) e nel 1968 Mary Ellen Solt “Concrete Poetry, a world view” (Indiana University Press, Bloomington). In Italia Arrigo Lora Totino pubblica nel 1964 una antologia internazionale di poesia concreta sulla rivista “Modulo” (Genova) e nel 1969 altra antologia, con D. Mahlow, per la Biennale di Venezia e titola “Verbotetture” (v.) le proprie composizioni concrete.

Figure 22-36

 

 

conseguente, poesia

Sotto tale nome Kurt Schwitters teorizzò, nel 1923, la poesia fonetica basata sulla declamazione delle lettere alfabetiche. Questa teoria è applicabile sia per la poesia di Schwitters, come la ben nota “Ur Sonate” (sonata ancestrale), sia per la poesia sonora di Raoul Hausmann. Si tratta della riduzione della poesia al puro suono dei fonemi e fu una anticipazione del lettrismo (v.).

 

coronati, versi

vedi: ecoici, versi

 

 

corpi di poesia

Termine coniato da Carlo Belloli per designare i suoi poemi visuali tridimensionali, pubblicati dalla Mediterranean Publishing Company, Roma-New York, nel 1951. Il termine fu poi adottato da Arrigo Lora Totino per i propri poemi-sculture.

Figure 37 e 38

 

 

correlativi o corrispondenti, versi

vedi: rapportatio

 

 

cronogramma

Artificio che si ha quando in una frase le lettere atte a designare numeri (per es. in latino C, D, L, ecc.) vengono a comporre, una volta sommati i valori che rappresentano, una cifra desiderata. È detto pure cronostico o eteostico. Es.:

ecce   potest   animi   mores   effingere    palma

                                       16      405       89      255       161          112

se il trasferimento comporta che le lettere da ‘a’ a ‘i’ rappresentino le unità da 1 a 9, quelle da ‘k’ a ‘s’ le decine e le rimanenti da ‘t’ a ‘z’ valgano da 100 a 500 (Pascasio di S: Giovanni, in “Poesis artificiosa”, 1674).

 

 

cronostico

vedi: cronogramma

 

 

cross-reading

vedi: cubico, carme

 

 

cubico, carme

È un componimento in cui un testo è trascritto in modo che possa esser letto partendo da un punto centrale, in qualsivoglia direzione. Uno dei primi esempi è la stele di Moschion del I secolo d.C. Il carme cubico produce un effetto di perturbazione ottica e forse per tale motivo fu spesso usato in contesti magico-esoterici.

Figura 39-44

 

 

 
<   Ο   >
A-B-C