abecedario, carme
Componimento
i cui versi o strofe iniziano progressivamente con una lettera diversa in modo
che il tutto componga l’intiero alfabeto. La progressione può interessare i
singoli vocaboli di un componimento.
I
modelli più antichi sono biblici, ad es. le “Lamentazioni” di Geremia. Il più
antico documento cristiano è lo “Psalmus contra partem Donati” di S. Agostino,
nel quale la scelta abecedaria è stata dettata da ragioni mnemotecniche in
favore del popolo semplice. Altri esempi nel Folengo (saffica della “Zanitonella”).
Esempi odierni in Cacciatore e altri. È detto pure carme alfabetico.
Figure 1,2,3
acrostico
(principio di verso)
Si
ha quando in una composizione verbale si fa nascere un senso linguistico
secondario. La posizione degli elementi che designano l’acrostico può essere
quella iniziale del verso (acrostofo), o quella finale (telestico),
o una mediana (mesostico). Una quarta posizione è il notarico ove
il senso secondo nasce progressivamente lungo il percorso lineare orizzontale
del primo messaggio. L’acrotofo, il mesostico e il telestico tagliano il testo
del primo messaggio in verticale, il notarico in orizzontale. L’elemento che
designa l’acrostico può essere il fonema, la sillaba, la parola. L’acrostico è
il rovescio della rima e il suo contrappeso. Dev’essere rialzato dal tratteggio
con maiuscole, colori, ecc. È figura antichissima, già presente nella
letteratura babilonese.
adynaton
(impotente, incapace)
Figura
retorica avente lo scopo di esaltare un evento o una persona paragonandolo a
qualcosa di indicibile, ovvero dichiarando l’impossibilità di trovare le giuste
parole. Es.: “La parola mi manca”.
AEIOU, o carme vocalico
Se
alla posizione iniziale del fonema viene abbinato un criterio selettivo
specifico, possono nascere quattro figure:
·
Se
la selezione privilegia tutta la serie delle lettere, abbiamo il carme
abecedario
·
Se
combina tutta la serie nella proiezione lineare della lingua, abbiamo i versi
pangrammatici.
·
Se
sceglie solo la serie delle vocali, abbiamo la figura AEIOU. I fonemi
iniziali possono essere collegati fra di loro in modo da formare un senso
secondo una volta levato il corpo linguistico intermedio, e abbiamo il
notarico.
·
Quando
poi si tralascia intenzionalmente un fonema da un testo, abbiamo il lipogramma
che è una figura in negativo.
Lodovico
Leporeo gioca sistematicamente sulle serie vocaliche. Il sonetto : “Amata
m’ardi” è alfabetico trisono (tre rime ogni verso), trasponibile (ogni verso
può essere spostato), irripetito (tutte le rime sono assonanti), anaforico
(tutti i quattrodici versi iniziano con la stessa parola).
Figura 4
aferesi
(sottrazione)
Termine
grammaticale che indica la caduta o la soppressione di una sillaba o di una
lettera in principio di parola. Può essere un fenomeno di evoluzione popolare
della lingua: es. l’italiano ‘storia’ rispetto al latino ‘historia’ o può
essere una licenza poetica.
aforisma
(definizione, sentenza)
Di
Dante: “l’aiuola che ci fa tanto feroci”, di Karl Kraus: “una delle malattie
più diffuse è la diagnosi”.
alfabetico, carme
vedi: abecedario, carme
allegoria
(discorso di un altro)
Figura
retorica di pensiero. Consiste in un discorso compiuto, fatto di simboli o
immagini, con il quale, attraverso il senso letterale delle parole, si intende
esprimere un contenuto diverso e riposto, perlopiù di carattere astratto e
ideale. È perciò detta anche ‘metafora continuata’ perché si prolunga per tutto
il corso dell’azione descritta.
Ad
esempio, nella Divina Commedia Dante racconta di un viaggio immaginario nel
modo del’aldilà che significa allegoricamente l’itinerario di un’anima verso la
salvezza cristiana.
allitterazione
(ripetizione di suoni)
Consiste
nel ripetere, nella frase o nella strofa, le stesse lettere nella medesima
posizione (perlopiù iniziale) in parole diverse, e spesso per ottenere
un’armonia imitativa. Esempi: “Esta selva selvaggia e aspra e forte” – “Tin tin
sonando con sì dolce nota” (Dante).
Allitterazione
intensificata ovvero con più rilevante effetto fonico: “o Tite tute Tati tibi
tanta turanne tulisti” (Ennio); “veni vidi vici” (Cesare); “florum flos
florens, florea flora fluens” (Venanzio Fortunato).
allitterazione per l’occhio
Procedimento
che taglia i vocaboli nella parte terminale dei versi, una specie di tmesi con
giochi di rima tratti dal loro corpo così mutilato. Es.: “Coralment’ò me
stesso” (di Monte Andrea, Rime, 265).
Figura 5
anacicli, versi, o
palindromii
(letti a ritroso)
Parola,
frase, verso che possono essere letti all’indietro: “recai piacer” (Boito).
L’esempio più antico è di Sidonio Apollinare: “Roma tibi subito notibus ibit
amor”. Per estensione si dice palindromo anche la combinazione linguistica che
può essere letta all’indietro, vocabolo dopo vocabolo fermo restando lo stesso
senso o al più risultando negato ciò che prima vi era affermato. È detto pure
“sotadico” e analoghi sono i “versi ricorrenti”. Es.: “Fortezza e senno Amor
dona non tolge / Tolge, non dona Amor senno e fortezza”; oppure: “Giova, non
noce al ben, non al mal chiama / Chiama al mal, non al ben, noce, non giova”
(L. Groto, Rime, 1557).
Figura 6 e 104
anacoluto
(sconnesso)
Figura
di sintassi usata nel linguaggio parlato o da un autore quando voglia
raggiungere particolari effetti. Si tratta di una infrazione alle norme della
sintassi, in quanto consiste nel cominciare il periodo con un costrutto e
proseguirlo con un altro, cambiando spesso soggetto. Es.: “Non sapete che i
soldati è il loro mestiere di prender fortezze” (Manzoni).
anadiplosi
(duplicazione)
Ripetizione
del vocabolo finale del verso all’inizio del verso seguente. Vedi carme
ecoico/versi ecoici.
anafora
(ripetizione)
Figura
retorica che consiste nel ripetere più volte nello stesso periodo lo stesso
vocabolo o membro iniziale di una proposizione. Es.: “Per me si va nella città
dolente,/Per me si va nell’eterno dolore,/Per me si va tra la perduta gente”
(Dante).
anagramma
(trasposizione di lettere)
È
una permutazione e consiste nel trasferire i fonemi di un vocabolo o di una
formazione linguistica maggiore in modo da ottenere un’altra o molte altre
espressioni fornite di senso diverso (roma-amor-ramo-armo-mora). La formazione
di base si dice programma. L’anagramma comporta uno slittamento di significati
dall’uno all’altro significante. La trasposizione dei fonemi implica un effetto
cinetico, accentuato dal fatto che nella ricerca delle diverse permutazioni, l’occhio
corre avanti e indietro. Nel III a.C. Licofrone anagrammò il nome del re
Ptolemaios in “apo melitos” (miele). L’anagramma è uno degli artifici più
diffusi, dalla cabala al ‘400 umanistico, nella Francia di Ronsard e sino alla
fine del ‘600. L’anagramma decompone uno schema acquisito, componendo
formazioni linguistiche nuove. Nell’epoca barocca si teorizzarono i due motivi
che sono alla base della figura, la metamorfosi e la mescolanza delle lettere,
la metamorfosi come alchimia della parola. Nell’anagramma siamo in presenza di
due entità testuali separate, l’una fissa, il proramma, l’altra mobile.
anamorfosi verbale
Figura
che compare se la lettura retrorsa è accompagnata da una trascrizione che
rovesci la forma delle lettere, che poi riappaiono recte se lette allo
specchio.
Figure 7 e 8
anapoetica, scrittura
Proposta
da Oberto Martino, una scrittura manuale senza regole fisse, totalmente libera.
Ogni intervento scritto di Oberto è deviazione e rimane sempre allo stato di
progetto: “je ne suis pas encore” è il titolo di un suo esemplare lavoro.
anaptissi
(inserzione)
Figura
metrica: è l’inserzione di una vocale fra due consonanti, così da formare una
sillaba in più, di solito per facilitazione di pronuncia nell’uso dialettale o
trascurato. È una epèntesi vocalica. Es.: “averebbe” per avrebbe.
anarema
(spostamento)
Consiste
nella possibilità di trasferire i vocaboli entro una certa aformazione
linguistica senza che muti il senso e senza che lo schema prosodico cambi, se
si tratta di versi. Equivale all’anagramma nel meccanismo permutazionale, ma
permuta i vocaboli anziché i fonemi, ed è il suo contrario sul piano dei
significati in quanto questi rimangono immutati nonostante le permutazioni. Es.
l’anarema del gesuita fiammingo Bernardo Bauhus (da “Epigrammatum libri” 1615):
“Tot tibi sunt dotes, Virgo, quot sidera coelo” si presta a 1022 variazioni,
quante erano le stelle fisse conosciute nel 1600, ciò che darà luogo a dotte
dispute di matematici.
Figura 9
anastrofe
(inversione)
Figura
grammaticale che consiste nell’invertire l’ordine naturale di due o più
vocaboli in una proposizione. Es.: (del Tasso) “O belle agli occhi miei tende
latine”. Oppure: “eccezion fatta”, “vita natural durante”.
anfibologie, frasi
(ambiguità)
Frasi
ambigue tali da potersi intendere, per errata collocazione delle parole, in due
modi diversi. Es.: (Petrarca) “Vincitore Alessandro, l’ira vinse”. Alessandro
vinse l’ira o l’ira vinse Alessandro?
Molti
responsi delle Sibille erano congegnati come anfibologie.
antifrasi
(al contrario)
Figura
retorica consistente nell’usare una parola o una locuzione nel senso contrario
a quello proprio, per eufemismo o per ironia. Es.: “che bella figura abbiamo
fatto!”.
antimetabole
Figura
retorica per cui si ripetono, mutandone l’ordine, le parole di una proposizione
enunciata. Es.: “Ut sine invidia culpa plectatur, et sine culpa invidia
ponatur” (Cicerone).
antitesi
(contrasto, contrapposizione)
Figura
retorica consistente nel porre a contrasto due concetti opposti, per dare
maggior risalto all’espressione. Es.: “Pace non trovo e non ho da far guerra;/E
temo e spero ed ardo e sono un ghiaccio;/E volo sopra il cielo e giaccio in
terra;/E nulla stringo e tutto il mondo abbraccio”. (Petrarca).
antonomàsia
(porre l’epiteto invece del nome)
Figura
retorica di contenuto consistente nell’indicare un personaggio famoso con un
nome comune, preceduto dall’articolo, invece che col nome proprio. Si indica la
persona con un appellativo che allude alla sua virtù principale: “il poverello
di Assisi” (San Francesco); “il cantor di Laura” (Petrarca); “il Pelide”
(Achille). Oppure al contrario per designare un nome comune di persona o di
cosa, si può usare un nome proprio che simboleggi una certa qualità: “un
cicerone” (un oratore); “un mecenate” (un protettore di artisti); “una venere”
(una bella donna).
apòcope
(recisione)
Figura
metrica che indica la caduta di uno o più suoni finali di una parola. Comprende
sia l’elisione che il troncamento.
“Elisione”,
soppressione dell’ultima vocale d’una parola in modo che le lettere rimanenti
in fine parola formino sillaba unendosi con l’iniziale della parola seguente,
allo scopo di offrire all’orecchio un suono più armonioso: “l’eterno”,
“l’amica”, “l’amore”.
“Troncamento”,
eliminazione della sillaba o della vocale finale atona di una parola dinanzi ad
un’altra che cominci per vocale o consonante. Es.: “signor presidente”, “saper
vedere” “mal di mare”.
apoftegma
(sentenza)
Detto
memorabile o motto breve e arguto. Es.: “quot capita, tot sententiae”; “dal
detto al fatto c’è un gran tratto”.
apostrofe
(deviazione)
Figura
retorica di pensiero che consiste nell’abbandonare improvvisamente la forma
espositiva del discorso, rivolgendosi direttamente e con enfasi a persona o
cosa personificata, anche lontana e immaginata come presente. Es.: “Ahi, serva
Italia, di dolore ostello” (Dante).
applicati, versi
vedi: rapportatio
armonia imitativa
Onomatopea
amplificata; mentre l’onomatopea semplice consiste in unica parola,
l’onomatopea amplificata si ha di solito con un’intera frase o strofa poetica.
È determinata dall’uso intensivo di vocaboli che per la loro veste fonica rara
e curiosa producono, riuniti in massa, effetti sonori particolari. Es.: (dal
Poliziano) “Ogni varco da lacci e can chiuso era;/di stormir, d’abbaiar cresce
il rumore;/di fischi e bussi tutto il bosco suona,/del rimbombar de’ corni il
ciel rintrona”; (di I. H. Alstedius, Encyclopaedia…, 1630). “Lex,
rex, grex, res, spes, ius, thus, sal, sol, (bona) lux, laus; Mars, mors, sors,
fraus, fex, styx, nox, crux, pus (mala) vis, lis”. (cose buone:
legge, re, gregge, cose, speranza, diritto, incenso, sale, sole, luce, lode.
Cose cattive: Marte, morte, sorte, frode, feci, stige, notte,croce, marciume,
forza, lite).
Figura 10
asìndeto
(non collegato)
Figura
grammaticale che si ha quando vari elementi (parole o proposizioni) sono
coordinati senza alcuna congiunzione ma per mezzo di virgole. Assai comune è
l’omissione della congiunzione, specie nelle enumerazioni. Il contrario dell’a.
è il polisìndeto. Es.: “Sul campo di battaglia si vedevano cadaveri rottami
automezzi fuochi”
audiopoème
Così
titola Henri Chopin la propria poesia sonora, costituita dalla fitta
sovrapposizione dei rumori del corpo, soprattutto di quelli della bocca. Ne
risulta una densa pasta sonora.
bisticcio
(assonanza)
Giuoco
di parole prodotto da più voci simili nel suono. Es.: “Ulisse, o lasso”; “O
dolce amore, io moro”. Vedi: allitterazione.
calligramma
Termine
coniato da Apollinaire per designare i suoi testi figurati ove i contorni di un
disegno sono rappresentati anziché dal tratteggio, da una linea di testo
scritto. Secondo Giovanni Pozzi il calligramma deriva dalla trasformazione dei
versus intexti, costituiti da acrostici che attraversano il testo soggiacente,
riproducendo una figura. Togliendo il testo portante, i versus intexti poggiano
sul vuoto della pagina. Nell’epoca barocca invalse l’uso di piegare le linee
formate dalle parole in curve. Il primo calligramma potrebbe essere la
“Piramide” di Eugenio Vulgare (950 d.C.)
Figure 12, 13, 14
cancellati o intessuti,
versi
vedi: versus intexti
cancrini, versi
L’artificio
consiste nella lettura retrorsa vocabolo per vocabolo. Se i versi sono
eterometrici, la lettura retrorsa deve permettere una rettificazione prosodica.
In un distico di Sidonio Apollinare (430-479 d.C.) il pentametro si converte in
esametro e viceversa; così pure nella composizione XXVIII del “Panegirico
all’imperatore Costantino” di Porfirio.
Figure 15 e 16
chiasmo
(a forma di x)
Figura
retorica consistente nel presentare due o più parole nell’ordine inverso a
quello in cui sono state precedentemente esposte: una collocazione a forma di
croce di due concetti fra di loro collegati. Es.: ”tutti per uno, uno per
tutti”; “odi greggi belar, muggir armenti.
cifre eroiche
Combinazione
di acrostico e anagramma cifrato di un certo nome. Esempio (da G. Caramuel,
“Theologia rationalis, 1654):
Calor calore
Humectus umidità
CHAOS Algor freddo
Olympus Olimpo
Siccitas siccità
cinetica reale,
poesia
vedi: simultaneismo e orfica, poesia
cinetica virtuale, poesia
In
poesia visuale può aversi un cinetismo reale o virtuale. Se reale, il movimento
trasforma, deforma un testo i cui elementi linguistici sono sottoposti a
variazioni continue, ad es. permutazionali. Tali varianti possono dipendere da
tecniche meccaniche o elettroniche o da altre cause, ad es. variazioni luminose
su di una superficie scritta o film che proietti variazioni testuali in
continuità.
Diverso
il caso della poesia cinetica virtuale, ove ciò che si legge è disposto in modo
da indurre una perturbazione ottica nel lettore. Ad es., in “e” di Tim Ulrichs
il testo pare muoversi per via del differente orientamento delle lettere,
oppure nel cubo (v.), artificio che risale agli Egizi.
In “bright” di E. E. Cummings (1935) l’intermittenza dello splendore stellare viene data dall’appena percettibile oscillare delle lettere alfabetiche: briIllante/bRillante s????? grande/ (soffice) // soffice prossima quieta/ (Brillante)/ quieta st???? santa// (soffice brillAnte profonda)/ sI’ prossima ste??? Quieta stella grande Sì/ solinga/(coLui// Sì/ prossima profonda coLui grande solinga soffice prossima/profonda quieta profonda/ ???????Te ????????E/ Colui (santa solinga) santa (solinga santa) solinga.
Figure 17- 17 bis
cinetico, romanzo
Nel
1961 Raymond Queneau pubblica “Cent mille milliards de poèmes” (Gallimard),
libroggetto a impaginazione libera ove da un testo base si possono ricavare,
permutandone gli elementi, centomila miliardi di poesie. Il calcolo
permutazionale era già stato applicato come sistema di scampanìo a più campane
nel 1600 in Inghilterra: ad es. nel 1761, 40.320 permutazioni per la durata di
27 ore furono eseguite a Leeds, nel Kent. Nel 1962 Marc Saporta pubblica il
romanzo a pagine sciolte “Composition n. 1” (Editions du Seuil) ove il lettore
è libero di leggere il testo disponendone come crede l’ordine delle pagine.
Figura 18
cinetismo virtuale
Nel
1913 Blaise Cendrars pubblica “La prose du Transsibérien et de la petite
Jehanne de France”, poema che inaugura una forma di simultaneità virtuale in
quanto è costituito da un originale montaggio, tecnica mutuata dal cinema, di
situazioni liriche tra loro temporalmente sconnesse creando nel lettore una
costante tensione di spaesamento temporale. A pochi mesi dalla prima edizione,
Cendrars e la pittrice Sonia Delaunay ne fecero un’altra dove parola e pittura
si sposano in un inedito poema-oggetto.
Nei
“Calligrammes” (1918) Apollinaire attua un esperimento analogo coi “Poèmes
conversation”, giustapposizione di frammenti di dialogo tendente a riprodurre
le molteplici sfaccettature del reale (influenza cubista) e le immagini in
libertà (influenza futurista) a ritmo accelerato.
Altra
forma di simultaneità virtuale è la “open composition” o “composition by field” di Pound e Eliot (v.).
Figura 19
collage
La
tecnica del collage in poesia, mutuata dalla pittura cubista-futurista,
accompagna la nascita e lo sviluppo delle avanguardie letterarie. Essa è al
contempo supportata dalla tecnica del montaggio delle giustapposizioni,
inaugurata da Blaise Cendrars (v. simultaneismo virtuale) con l’accostamento di
frasi fra loro non congruenti, e pure nella poesia “latente” (v.) di Tzara e
anche dallo stile di ‘composition by field’ di Pound e di Eliot. In sostanza si
tratta di una moderna forma di metafora.
colonne parallele
Elenchi di sostantivi o verbi o
aggettivi in forma di colonne parallele che sono presenti nel libro 3 cap.
XXXVIII o nel libro 4 cap. LXIV del Gargantua di Rabelais.
Figura 20
comparazione
Vedi: similitudine
concordanti, versi
L’artificio
consiste nel confrontare parole che hanno una parte iniziale diversa ed una
finale comune, o viceversa. Di solito le due espressioni parallele vengono
scritte su tre linee, di cui quella di mezzo dà l’elemento comune.
Figura 21
concreta, poesia
Preceduta
dalla poesia visuale di Carlo Belloli (v.) e ancor prima dal “poema preciso” di
Marinetti (v.), la poesia concreta nasce con la pubblicazione, nel 1953, di
“Konstellationen” dello svizzero Eugen Gomringer. Elemento determinante è l’uso
dello spazio grafico della pagina non più come mero supporto, ma quale elemento
strutturale del poema ed è evidente in ciò la lezione del “Coup de dés” di
Mallarmè, oltre che delle avanguardie storiche, futurismo e dada soprattutto.
In “Silencio” (Konstellationen) una sola parola crea il poema e lo spazio vuoto
al centro acquista il valore semantico dell’assenza.
Nel
concretismo la forma equivale al contenuto e i materiali sono il suono, la
forma tipografica e il grado semantico della parola; la sua situazione, al
contempo semantica, sonora, e visuale. Un altro aspetto della poesia concreta è
l’estrema concisione nell’uso degli elementi lessicali, ciò che facilita la
comprensione anche per chi appartiene ad altre aree linguistiche. Nel 1954 il
gruppo Noigandres di S. Paolo del Brasile (Haroldo e Augusto de Campos, Décio
Pignatari) giunse a posizioni stilistiche vicine a quelle di Gomringer. Nel
1955 Pignatari incontra Gomringer in Germania e, constatata l’affinità tra le
rispettive pratiche poetiche, si decise da parte di entrambi la fondazione del
movimento internazionale della poesia concreta. In breve nacquero altri centri:
dal 1957 al ’59 il “Darmstadt Circle” che pubblicò la rivista “Material” e la
prima antologia internazionale di p. c.; dal 1961 a Stoccarda il filosofo Max
Bense pubblicava la serie dei quaderni “rot” e Mayer la serie su grande formato
“futura”. Bense definisce lo stile concreto come uso funzionale e non simbolico
del materiale lessicale; il senso è deciso dalla disposizione della parola
sulla superficie della pagina. In Austria il Wiener Gruppe compone ideogrammi
fonovisuali e attua una forma di cabaret d’avanguardia ed Ernst Jandl gli
“Sprechgedichte” (poemi da recitare), ove la poesia concreta si accosta alla
poesia sonora; in Cecoslovacchia il duo Bohumila Grögerova e Josef Hirsal
compongono dal 1962 il libro “jobboj”, (Lotta di Giobbe, pubblicato nel 1967),
straordinario laboratorio di trovate linguistiche, e sempre in Cecoslovacchia
Ladislaw Novak e il poeta-pittore Jirí Kolár inventano nuove soluzioni usando
prevalentemente il collage. In Francia Ilse e Pierre Garnier pubblicano dal
1963 la rivista “Les Lettres” che diventa una esauriente rassegna del
concretismo internazionale e propongono la “Poésie Mécanique” composta con la
macchina da scrivere (v.). In Giappone Kitasono Katuè fa della rivista “Vou” un
foglio del concretismo e Seiiki Niikuni compone in forma di ideogramma terse
strutture concrete. Il fiammingo Paul de Vree apre la rivista “De Tafel Ronde”
al concretismo. In Scozia Ian Hamilton Finlay pubblica le edizioni della Wild
Hawtorn Press e la rivista “Poor.Old.Tired.Horse”. Negli USA Emmett
Williams pubblica nel 1967 “An Anthology of Concrete Poetry” (Something Else
Press, New York) e nel 1968 Mary Ellen Solt “Concrete Poetry, a world view”
(Indiana University Press, Bloomington). In Italia Arrigo Lora Totino pubblica nel
1964 una antologia internazionale di poesia concreta sulla rivista “Modulo”
(Genova) e nel 1969 altra antologia, con D. Mahlow, per la Biennale di Venezia
e titola “Verbotetture” (v.) le proprie composizioni concrete.
Figure 22-36
conseguente, poesia
Sotto
tale nome Kurt Schwitters teorizzò, nel 1923, la poesia fonetica basata sulla
declamazione delle lettere alfabetiche. Questa teoria è applicabile sia per la
poesia di Schwitters, come la ben nota “Ur Sonate” (sonata ancestrale), sia per
la poesia sonora di Raoul Hausmann. Si tratta della riduzione della poesia al
puro suono dei fonemi e fu una anticipazione del lettrismo (v.).
coronati, versi
vedi: ecoici, versi
corpi di poesia
Termine
coniato da Carlo Belloli per designare i suoi poemi visuali tridimensionali,
pubblicati dalla Mediterranean Publishing Company, Roma-New York, nel 1951. Il
termine fu poi adottato da Arrigo Lora Totino per i propri poemi-sculture.
Figure 37 e 38
correlativi o corrispondenti,
versi
vedi: rapportatio
cronogramma
Artificio
che si ha quando in una frase le lettere atte a designare numeri (per es. in
latino C, D, L, ecc.) vengono a comporre, una volta sommati i valori che
rappresentano, una cifra desiderata. È detto pure cronostico o eteostico. Es.:
ecce potest animi mores
effingere palma
16 405 89 255 161 112
se
il trasferimento comporta che le lettere da ‘a’ a ‘i’ rappresentino le unità da
1 a 9, quelle da ‘k’ a ‘s’ le decine e le rimanenti da ‘t’ a ‘z’ valgano da 100
a 500 (Pascasio di S: Giovanni, in “Poesis artificiosa”, 1674).
cronostico
vedi: cronogramma
cross-reading
vedi: cubico, carme
cubico, carme
È
un componimento in cui un testo è trascritto in modo che possa esser letto
partendo da un punto centrale, in qualsivoglia direzione. Uno dei primi esempi
è la stele di Moschion del I secolo d.C. Il carme cubico produce un effetto di
perturbazione ottica e forse per tale motivo fu spesso usato in contesti magico-esoterici.
Figura 39-44