I PAEGNIA POST-ALESSANDRINI
La tecnica del paegnion alessandrino, dopo sporadiche prove, andate perdute, di autori latini, Nevio tra pochi altri, viene ripresa da Porfirio cui si devono tre pregevoli carmi: due a forma di siringa, ovvero flauto di Pan, e di organo ad acqua, coi quali riprende e sviluppa lo stesso tema di Teocrito; il terzo a forma di altare che si rifà a Dosiada (vedi il capitolo "Versus intexti"). Dopo secoli, in un manoscritto in greco del X secolo, "Atti degli Apostoli" (Bibliothèque Nationale, Parigi), troviamo circa un migliaio di piccoli paegnia a forma di vari oggetti, punte di lancia, pissidi, tabernacoli ecc., tra i quali la croce come forma più ricorrente (figura 1). Allo stesso secolo appartiene la cosiddetta "Bibbia di Niketas", bizantina, contenente molti eleganti paegnia a forma di parallelepipedo, cerchi concentrici, colonne (Cod. Laur. V.9, fol. 203r, Laurenziana, Firenze; e cod. GKS 6, fol. 53r e 78r, Kongelige Bibliotek, Copenhaghen). Sempre nel X secolo viene redatto dal sassone Julius Hyginus un manoscritto astronomico (Londra, British Museum) comprendente i "Fenomeni" del poeta greco Arato di Soli (315 ca - 240 ca a. C.), trascritti e illustrati con tecnica mista, figurativa e al contempo a paegnion, che rappresentano i segni dello zodiaco (figure 2, 3, 4). I paegnia ritorneranno poi nel rinascimento e nel successivo periodo barocco, ma una anticipazione è costituita dall'opera allegorica "Hypnerotomachia Poliphili" (1499), di Francesco Colonna, ove numerosi artifici poetico-figurali sono inseriti nel corpo della composizione in prosa, il cui testo ha per tema la descrizione della figura medesima. Se non si giunge al paegnion vero e proprio, è come se tutti gli elementi che lo costituiscono fossero già disponibili per crearlo. In tutta l'opera il rapporto fra linguaggio verbale e iconico non conosce interruzione e collega disegno tecnico a narrazione, vignetta a descrizione, allegoria ad emblema, mentre lo stile artificioso e mirifico ingloba lessici delle tradizioni più diverse in una struttura sintattica opulenta (figure 5, 6). In questo periodo, dal 1550 al 1600, la produzione di paegnia e di calligrammi (per quest'ultimi si rimanda al capitolo omonimo) è così abbondante da costringerci a dividere la materia secondo le varie figure, iniziando da quelle canoniche alessandrine - altare, ascia, ali, siringa, uovo - e proseguire con quelle della croce, delle colonne, degli strumenti musicali, delle caraffe-bottiglie, dei calici ecc. ecc, comprendendo pure le figure geometriche: quadrati, triangoli, rettangoli, cerchi. Prima di passare in rassegna le varie figure, vorremmo però almeno citare i collegiali di Dôle, allievi dei gesuiti, che alla fine del 1500 si cimentarono in una serie di imitazioni-ricreazioni dei paegnia ellenistici poi raccolte nell'antologia "Sylvae, quas vario carminum genere primarii scholastici collegii Dolani obtulerunt" (Bibliothèque Nationale, Parigi), dedicata al conte di Vergy e stampata nel 1592. Ogni prova era firmata dall'allievo che ne era autore. Ne scaturisce una summa di rara vivacità intellettuale e di soluzioni ingegnose che, nel corso della nostra rassegna, avremo spesso occasione di citare.
Ali
Apriamo con la figura delle ali che si richiamano al prototipo di Simmia di Rodi e qui abbiamo le "Aelles" di Melin de Sainct-Gelais (1481-1558) (figura 7), le ali in greco dell'allievo Frédéric de Chaviré e in latino di René Chevétron (cit.) (figura 8); "Les ailes d'amour aux dames vertueuses" di Jehan Grisel ("Premières oeuvres poetiques", 1599) le "Easter Wings" (Ali di pasqua) (figura 9) del poeta mistico inglese George Herbert (da "The Temple, sacred poems", 1633); il cosentino Antonio Telesio con un paegnion di ali di Cupido ("Poemata", 1524); di Lancino Curzio, poeta dialettale e in latino, cinque paegnia con ali di Cupido, di uccello, più una figura di Priapo e un doppio ordine di ali ("Epigrammaton libri decem", 1521); infine in epoca moderna le ali di E. E. Cummings, "To stand alone" come visione dell'infinito celeste (in "95 poems", 1958) (figura 10).
Altare
Per la figura dell'altare, dai prototipi di Dosiada, Besantino e Porfirio, ecco l'altare in greco di Antoine Tabot e in latino di Philippe Merceret ("Sylvae", cit.) (figura 11); "The altar", salmo penitenziale di George Herbert (figura 12); quello amaro intitolato "On Turncoat" (Del voltagabbana) di anonimo inglese (in "Facetiae musarum deliciae", 1656) (figura 13), il cui testo è una imitazione di una stupefacente iscrizione funeraria latina dell'epoca imperiale; quello di William Bosworth (in "The chaste and lost lovers", 1651) (figura 14); quello di Samuel Speed (da "Prison pietie" 1677) (figura 15).
Ascia
Per la figura dell'ascia, da -Simmia di Rodi, abbiamo l'ascia in greco di Antoine Besanceuf de Vesoul e l'"Hache d'arme antique" di Jehan Grisel ("Sylvae", cit.) (figure 16 e 17); di Fortunio Liceti il bellissimo paegnion di doppia ascia in "L'eroica e incomparabile amicizia", (1640) (figura 18).
Uovo
Per la figura dell'uovo, sempre da Simmia di Rodi, le uova in greco e latino di Jehan Grisel ("Sylvae, cit) (figura 19); "Les oeufs de Pasques" di Angot de L'Eperonnière (in "Chef d'Oeuvre poetiques", 1634) (figura 20); un paegnion di Valeriano Bolzani in onore di Daniele Barbaro in "Amorum libri VII", (1549).
Siringa
Per la figura della siringa, o flauto di Pan, dai prototipi di Teocrito e di Porfirio, il primo esempio che segue sono i versus intexti di Eugenio Vulgario dedicati all'imperatore Sergio (vedi la voce Vulgario in "Versus intexti"); poi la siringa in latino a firma indecifrabile da "Sylvae" (cit) (figura 21); quindi quella a forma di organo e liuto di Iohann Helwig in "Noris the nymph" (1650) (figura 22). Col che si entra nel settore dei vari strumenti musicali con un elegante paegnion a forma di chitarra combinato con calligramma di J. Praetorius in "Satyrus etymologicus" (1672) (figura 23); il "Lut de Minerve" di Angot de L'Eperonnière (cit.) (figura 24). Il ferrarese Giovanni Battista Pigna, in "Carminum libri quattuor" (1553), ripete tre volte la figura della siringa con varianti metriche al modo rispettivamente di Teocrito, Catullo e Orazio.
Croce
Per la figura della croce, abbiamo innanzitutto la bellissima croce di Venanzio Fortunato (530-600), costruita con la tecnica del cubo (vedi "Versus Intexti"). Di seguito elenchiamo: la croce costruita con la figura del labirinto di José da Silva da Natividade (figura 25); le croci di Frei Francisco da Cunha in "Oraçam Académica (1743) (figura 26). Entrambi questi autori sono lusitani. In Francia abbiamo la croce di Angot de L'Eperonnière (figura 27). Poi la serie di croci fatte con spartiti a canone di A. Gumpeltzhaimer (1559-1625) (Bayerische National Bibliothek, Monaco) (figura 28). A forma di croce sono pure il patetico "Camino del Nada" di anonimo portoghese del secolo XVII (figura 29) e le croci di Fortunio Liceti (in "Allegoria peripatetica de generatione….", 1640) (figura 30) e di Geoffrey Tory (in "Champ fleury", 1625). Poi abbiamo la croce di Pascasio di San Giovanni in "Poesis artificiosa" (1674); quella dell'inglese Robert Herrick in "Poetical Works" ried. 1936 (figura 31), Londra; dei tedeschi S. von Birken ("Teutsche Rede-bind", 1679) e G. Schoptel. Poi quelle dell'italiano G. Casoni in "Ode" (1602, 1626), di Eugenio di San Giuseppe in "Castrum doloris" (1657), di G. Pochet in "Apollini spiritualis oraculum" (1658); infine l'elegia in forma di croce di Anna Sibylla Ruland (1669) (Bayerische Staat Bibliothek, Monaco) (figura 32).
Piramide
Esempi della figura della piramide sono il bellissimo calligramma-paegnion di Pascasio di San Giovanni (cit.) (figura 33) e la complessa struttura della piramide su ruote, un paegnion combinato con acrostici (in "Castrum doloris", 1657) di Eugenio di San Giuseppe (figura 34). Nel periodo barocco portoghese troviamo molti paegnia a piramide come l'obelisco-piramide anagramma acrostico di Mendoza (figura 35) e un "epitaphium piramidatum" (in "Protheus doloris" del padre Rafael Bluteau alla regina portoghese Maria Elisabetta (1683) (figura 36); la elegantissima "Piramide literària" di Antonio Leyte Pacheco Malheiro, sec XVII) (figura 37); il labirinto a doppia piramide discendente di anonimo portoghese (1760) (figura 38).
Bottiglia e calice
Per gli amanti del succo di Bacco ecco il famoso paegnion della "Dive Bouteille" dal V libro del "Pantagruel" di Rabelais (figura 40), capostipite di una allegra serie di paegnia a forma di caraffa e di bottiglia: da "Aux amis des Muses" di Robert Angot de L'Eperonnière (cit.) (figura 41), a "Le chant de la carafe" di Anonimo (figura 42) in "A whimsey anthology" di H. C. Dodge, (1693), alla "Bouteille" di Charles François Panard (1694-1765) (figura 43), alla "Bouteille" di Pierre Capelle (in "Contes anecdotes", 1818), sino alla "Thèierè et verre", di Anonimo (in "De nieuwe Nassuwse…", 1708) (figura 44), cui segue la serie dei calici sempre partendo dal capostipite Rabelais: il bicchiere di Aldo Manuzio (Venezia 1499), il "Verre" rococò di Panard (cit.) (figura 45) e quello di P. Capelle (cit). Seguono la coppa di J. R. Karst (1667) (figura 46), quella da D. Gessner (Zurigo, 1668) (figura 47); un elegante paegnion combinato con mesostici che rappresentano una coppa e una croce (figura 48) di F. Weiss (1678) e, infine, a chiudere, un ironico omaggio alla tradizione enologica in forma di calice rococò dal titolo "Pièce fausse" di André Breton (figura 49).
Colonna
Copiosa è pure la produzione di paegnia a forma di colonna, a partire da quelle della bibbia bizantina di Niketas (sec. X). Molte sono le colonne di elenchi di oggetti o di azioni che Rabelais allinea nel "Gargantua" (v. glossario: Colonne). Famosa è la colonna della fama, "The Piller of Fame" di Robert Herrick (figura 50) (in "Hesperides", 1648); da citare, poi, la doppia colonna di George Puttenham in onore di tal lady Diana (figura 51) (in "The Arte of English Poesie", 1589); di Thomas Watson la colonna "My love is past" (in "Echatompathia", 1582), (figura 52); del re Giacomo VI di Scozia, una colonna a chiave acrotelestica (in "The Essayes of a prentise", 1585). Imponente il paegnion a forma di colonna di M. Kelner in "Epaenodia ad P. Giron ducem Assunae", 1650) (figura 53). Infine dobbiamo citare le varie forme a colonna nella traduzione inglese della "Septmaine ou la création du monde" di Guillaume da Bartas (1579 (figura 54)
Sole, stella
Delle figure del sole e della stella abbiamo molti esempi. Innanzitutto le complesse costruzioni a carme permutazionale intese a raffigurare un sole-cosmo. Tra queste la "Cynosura mariana" (figura 55) di Niccolò da Lucca (1657), che venne ripesa dal Caramuel nella "Metametrica" (cit.); di Pascasio di San Giovanni il carme permutazionale in forma di sistema astronomico (figura 56) in "Poesis Artificiosa" (cit.) che fa il paio con il carme permutazionale raffigurante i diversi sistemi planetari del Caramuel in "Metametrica" (cit.) (figura 57). Molti altri esempi di figure del sole o delle stelle le ritroveremo come calligrammi nel capitolo dedicato a questa composizione.
Figure geometriche
Per quanto riguarda le figure geometriche, ecco il triangolo, scritto in greco, più cerchi concentrici in latino di Claude Sachot (in "Sylvae", cit.) (figura 58); il triangolo scritto in latino di Antoine Rousset (id.) (figura 59); il rombo scritto in greco e latino di François Cornu de Charoles (id.); il parallelogramma e rettangolo scritto in greco di Claude Gillebod d'Arbois (id.) (figura 60); il quadrato e losanga scritto in greco dello stesso autore della illustrazione del teorema di Pitagora ("Sylvae") (figura 61). Dell'inglese George Puttenham, una raccolta di forme geometriche utilizzate per versi figurati ("The Arte of English oesie", cit.). Sempre per le forme geometriche ecco la "Rota septenaria" (Cod. Wind 1548, Vienna) a otto cerchi concentrici (figura 62); il salterio a raggi formanti un circolo con al centro il volto del Cristo (Ms, Arundel 83, II, British Library, Londra) (figura 63). Curioso è il "Carmen infinitum" (in "Quinquennium primum imperii…", Vienna 1717) in onore dell'imperatore Carlo VI (figura 64). La forma circolare ha pure suggerito a un poeta concreto tedesco, Ferdinand Kriwet, la serie dei "Rund Scheibe (figure 65 66.); un discorso che si sviluppa a circoli concentrici che ricordano le composizioni labirintiche del calligrafo tedesco I. C. Hiltensperger dell'inizio del XVIII secolo (figura 67). Di Urban Wyss un labirinto calligrafico con centro a forma circolare (figura 68). Altre figure circolari le ritroveremo nel capitolo dedicato ai carmi permutazionali.
Altre figure
Molti altri paegnia presentano forme varie e ne diamo qui un breve elenco. Dell'inglese Riccardo Willis un paegnion a forma di pera ("Poematum Liber", 1573); il paegnion a forma di clessidra di G. Puttenham la cui parte superiore è costituita dal lamento del sultano persiano Ribuska e la parte inferiore è la risposta di lady Selamour (figure 69 e 69b) (cit.). Paegnia a forma di trifoglio e di bilancia sono di J. Praetorius ("Satyrus etymologicus" cit.) (figura 70); il chiodo e gli strumenti della passione opera di G. Casoni ("Le opere", 1626) (figura 71 e 71bis); calligramma concatenato combinato con acrostico, figurante un cuore di Patrizio Fattori (in "Ampla et diligente relatione", 1614) (figura 72); il paegnion calligramma a forma di culla di J. R. Karst ("Deutschen-Dich Kunst") (figura 73); il paegnion più rebus figurante un carro trionfale con auguri di capodanno di H. G. Spoerri ("Weil Sich das Neue Jahr…", 1751) (figura 74); il paegnion a figura di corona di S. Lepsenyi ("Poesis ludens", cit.) (figura 75); il calligramma concatenato combinato con acrostico e figure di cuore di P. Fattori ("Ampla e diligente relazione", 1614); la serie di paegnia raffiguranti la ruota araldica e sedici figure fra le quali i talari di Mercurio, il cuore, il cappello, la penna, di Baldessare Bonifacio ("Urania musarum liber XXV", 1628) (figure 76a, 76b, 77a, 77b); le lunette in greco di Pierre Dolet de Baume e in latino di François de Jussien ("Sylvae" cit.); il mappamondo di Simon Bouquet ("Bref et sommaire recueil… au prince Charles IX", 1572) (figura 78); la poesia lineare che si fa paegnion a forma di chiave di Francesco Fulvio Frugoni ("Il cane di Diogene", 1689) (figura 79); la poesia lineare a sette strofe di lunghezza crescente seguite da altre sette di lunghezza decrescente intitolata "Les Djinns" in "Les Orientales" (1829) di Victor Hugo (figura 80). Un bellissimo paegnion è la famosa "Coda del topo" di Lewis Carroll ("Alice's Adventures in Wonderland", 1865) (figura 81); un "paegnion cubista" è il "Pablo Picasso" di Apollinaire (in "Sic" n° 17, maggio 1917) ove nel corpo del testo, quadrato come la tela di un dipinto, sono ritagliati spazi vuoti come a rappresentare oggetti, risultandone una specie di natura morta cubista, composta da parole (figura 82). Lo stile poetico di Fortunato Depero, assai più compatto di quello di altri autori futuristi, può richiamare l'idea del paegnion, come in molte soluzioni grafiche dal volume "Depero futurista" 1913-27) (figura 83). Due paegnia perfetti sono "Die Trichter" ("I due imbuti" di Christian Morgenstern in "Galgenlieder", 1905) (figura 84) e la clessidra di Dylan Thomas in "Vision and Prayer" (1946) (figura 85); o ancora l'albero folto d'uccelli di Jack Kerouac ("okay birds, quiet" in "Old Angel Midnight", 1959-64) (figura 86). Lo stesso si può dire del malizioso "Girl au pair" a forma di pera di Jan Hamilton Finlay (1960) (figura 87) che fa il paio con il paegnion "Apfel wurm" ("Il verme della mela") di Reinhard Doehl (1970) (figura 88). Pacifista è il paegnion della colomba di Klaus Bremer (1968) (figura 89). Altro moderno paegnion è il "Type poem" "Corrida", di Ilse Garnier (1965), ove l'iterazione della parola corrida che campisce uno spazio esagonale dà l'idea della plaza de toros e le R, stampate in maiuscolo, quella delle urla degli spettatori (figura 90). Un interessante esempio di paegnion geometrico-astratto ci è dato dalla coppia cecoslovacca J. Hirsal e B. Groegerova ("Jobboj", 1967) (figura 91) una progressiva espansione della forma ottagonale e sua successiva saturazione.
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